La Centrale Idroelettrica Enel
“La Val d’Ozola negli anni venti: da valletta impervia e sconosciuta a importante nodo di collegamento elettrico e… sociale”.
Negli anni 20 la Società Idroelettrica dell’Ozola (SIO) avviò i lavori di costruzione delle centrali idroelettriche di Ligonchio e Predare, consistenti sia nelle numerose opere idrauliche, elettriche, meccaniche e civili (invasi, gallerie, condotte forzate, opere di presa, turbine, macchinario elettrico, edifici, alloggi, ecc), sia in tutte quelle opere per il trasporto dei macchinari, per l’accesso delle maestranze e per il collegamento stradale con la viabilità principale dell’epoca.
È da ricordare che in quell’ epoca la rete elettrica Italiana non era interconnessa, ma vi erano una moltitudine di “isole” di rete, all’interno delle quali erano connessi gli utenti (abitazioni, officine, attività, impianti di illuminazione, ecc) e le centrali di produzione che alimentavano quell’isola di rete elettrica (principalmente centrali idrauliche, oppure termiche a gasolio, carbone o altri prodotti di scarto). Ogni “isola” di rete era gestita da una società indipendente più o meno grande in base all’estensione della rete, che si occupava della produzione e fornitura di energia ai clienti finali; ognuna delle numerose società elettriche costruiva centrali di produzione, linee elettriche e impianti di distribuzione dell’energia elettrica, per arrivare fino agli utenti finali. La fornitura elettrica era per aree quindi confinate e ogni società gestiva solo i propri impianti.
Questa gestione ad “isole di carico”, propria del primo ventennio dello sviluppo dell’industria elettrica, portò anche all’adozione di diverse frequenze della corrente prodotta dai generatori delle centrali; nel Nord Italia venivano utilizzati i valori di 50 e 42 Hz (“Hertz”), in Centro Italia il valore di 50 Hz, mentre nel Sud Italia il 45 Hz. Inoltre le Ferrovie avevano adottato la frequenza di funzionamento di 16,7 Hz su tutto il territorio nazionale, valore particolare e differente dai precedenti ma scelto per garantire il buon funzionamento dei motori elettrici dei treni di quell’epoca.
Tra le motivazioni che portarono ad intraprendere l’impresa di costruzione degli impianti fu un accordo stipulato con una Società elettrica che operava nel Nord Italia (Società Generale Elettrica dell’Adamello), attraverso il quale questa Società si impegnava, oltre che ad acquistare tutta l’energia prodotta dagli impianti dell’Ozola, di utilizzare le Centrali anche per “servizi di conversione di frequenza”: in sostanza per consentire il collegamento di parte della rete elettrica del Nord Italia funzionante a 42 Hz con parte della rete del Centro Italia, funzionante a 50 Hz. Con il termine di “conversione di frequenza” è da intendere la possibilità di far funzionare insieme impianti di frequenze diverse, ossia accoppiarli, unendo quindi le relative reti elettriche ed aumentandone quindi l’estensione.
Perché proprio gli impianti dell’Ozola? In primis per la loro posizione strategica e baricentrica tra le due porzioni di territorio geografico da collegare, ma anche per il differente regime idraulico (si intende la stagionalità della piovosità, e quindi la produzione di energia degli impianti) per cui nei momenti di forte produzione di energia in un territorio e di scarsità nell’altro, il primo avrebbe potuto trasferire energia, e quindi garantire l’illuminazione ed il servizio all’altro territorio: insomma, una scena già vista, ossia lo spirito di collaborazione e mutuo soccorso tipico di chi vive nelle comunità montane, dove i maggiori disagi della vita in questi territori più complessi, costringe ad una maggiore disponibilità a offrire supporto reciproco.
Questo collegamento avrebbe consentito estesi scambi di energia e quindi un migliore sfruttamento delle acque, oltre che un più regolare e sicuro servizio di distribuzione.
Il collegamento elettrico tra gli impianti delle due Società consisteva in una serie di linee elettriche ad alta tensione connesse alle stazioni elettriche strategiche di San Polo d’Enza (RE) per il versante Emiliano e Gallicano (LU) e Corfino (LU), per quello Toscano; questi ultimi due impianti facevano parte dell’importante asta idroelettrica della Valle del Serchio.
Questa interconnessione fu solo il principio di un’evoluzione che portò nel tempo e secondo fasi successive, alla configurazione della rete elettrica nazionale attuale, ossia una rete interconnessa prima nazionale e poi europea, col valore univoco di frequenza pari a 50 Hz, una rete unica i cui flussi di energia possono viaggiare in tutte le aree del Paese, garantendo energia a tutti i clienti con uno spirito di mutuo soccorso tra gli impianti che hanno possibilità di produrre, di scambio reciproco, di unione nazionale.
La diffusione e disponibilità di energia in tutte le aree territoriali furono la base dello sviluppo industriale, economico e sociale del nostro Paese.
(StefanoTosato)
Centrale Idroelettrica Enel
SP18, 24
42032 Ventasso, loc. Ligonchio (RE)